Introduzione a Magnificenza e Mondo classico


Nel corso degli ultimi decenni la ricerca filosofica ha portato la propria attenzione su alcune categorie estetiche tradizionali come la bellezza e il sublime, sui molteplici modi in cui sono state intese nelle diverse età e culture, nonché sui loro contrari, la bruttezza e l’abiezione. Meno esplorato dai cultori di storia dell’estetica è stato invece il campo di quegli ideali estetici che hanno intrattenuto un rapporto più stretto con la vita collettiva, e più specificamente con i dispositivi e le dinamiche di carattere economico, antropologico e sociologico che sono con loro connessi. Sotto questo aspetto decisivi sono stati gli studi sul lusso di Christopher J. Berry e di Philippe Perrot, sulla logica del prestigio di Norbert Elias, sulla distinzione di Pierre Bourdieu, sulla grandezza di Luc Boltanski e di Laurent Thevenot, e sull’ammirazione di Nathalie Heinich.

La presente ricerca verte su una categoria che finora è stata trascurata, la magnificenza. Chiamata in greco megaloprépeia e in latino magnificentianel mondo classico, questa nozione è stata sovente confusa e soppiantata da parole e da nozioni prossime come la magnanimità, il conveniente, il sublime e il lusso. Tuttavia essa non è un termine generico, ma ha una particolare pregnanza teorica e artistica che si è già pienamente manifestata nell’antichità classica. Si tratta di una nozione assai complessa nella quale confluiscono tendenze, problematiche e orientamenti assai diversi ed eterogenei tra loro: questi si intrecciano in modo quanto mai aggrovigliato intrattendendo un rapporto di coappartenenza essenziale con alcune delle grandi questioni etiche ed estetiche della cultura occidentale, come la determinazione dei caratteri specifici dell’eccellenza, l’individuazione degli stili di vita elevati, la scoperta delle strategie dell’apparire, l’elaborazione degli ideali di bellezza e dei modelli estetici, la formulazione di principi normativi riguardanti le arti, il raffinamento delle tecniche di persuasione e dei dispositivi diretti alla formazione del consenso e last but not least la varietà delle esperienze religiose del divino e del sacro.

Forse proprio a causa dell’ampiezza e della complessità del suo campo semiotico e semantico, la nozione di magnificenza è sfuggita ad un’unica focalizzazione concettuale, che invece ha caratterizzato le altre nozioni estetiche. Infatti essa non compare che in ben pochi dizionari filosofici, né ha acquistato una speciale rilevanza nella riflessione estetica degli ultimi due secoli, per quanto abbia incontrato una grande fortuna dall’antichità fino alla seconda metà del Settecento. La mia ricerca, che si limita al mondo classico e che anche in quest’ambito non è ancora esaustiva, si propone di dipanare alcuni dei fili principali che hanno fatto di tale nozione una ingarbugliata matassa.

Ciò che mi sembra utile sottolineare è il fatto che la magnificenza non può essere considerata semplicemente come la dimensione iperbolica della bellezza, come una specie di “superbello”, cioè di un bello cui si aggiunge l’idea della grandezza, dello splendore e della suntuosità eclatante: la sua storia e la sua problematica toccano alcune corde profonde della sensibilità occidentale, quali la richiesta di riconoscimento e di apprezzamento, la relazione della dimensione estetica con istanze etiche, politiche ed economiche, la lotta per l’egemonia tra differenti classi, ceti, gruppi sociali e individui, la competizione per il primato tra le varie parti in cui si articola il sistema delle belle arti e perfino il rapporto tra l’umano e il divino. La magnificenza appare così come un campo di battaglia in cui si affrontano non solo i vari modelli di differenti culture, ma anche quelli operanti all’interno di ogni singola cultura.

Nel licenziare il presente lavoro desidero esprimere il mio più grande ringraziamento alla redazione di Ágalma che, non solo ha sostenuto il mio progetto fin dall’inizio, ma ha anche accolto il mio lavoro in un numero monografico della rivista.

di Sarah F. Maclaren