René Capovin – Seduzione, sensi e nonsense in Jean Baudrillard


Le patologie cardiache di numerosi pazienti attorno ai sessanta confermano che l’amore, soprattutto se fatto nello spazio-tempo occhiuto del tradimento, mantiene con il cuore un legame spesso sottovalutato (1). Va così, che l’intreccio del valzer tende a trasformarsi in un abbraccio più intimo, per poi involversi in una spirale fatale (testimoni: infermieri, riabilitatori e cardiochirurghi).
Guardando all’amore maturo non più dalla postazione ambulatoriale ma da quella amministrativa, l’effetto straniante non cambia molto: si tratta, in questo secondo caso, di valutare se la richiesta di un contributo all’acquisto di pillole per facilitare l’erezione debba o meno essere soddisfatta dai servizi sociali comunali (2). Insomma, da questi punti di vista, l’amore sembra essere solo qualcosa che si fa, senza distinzioni di età, sesso e branche del welfare.
Se spostiamo questi episodi dalla periferia al centro dei quadri con cui ci raffiguriamo come va il mondo, abbiamo forse alcuni appoggi immaginativi per comprendere coma mai Baudrillard qualifichi con la formula “dopo orgia” lo stato attuale delle cose:

liberazione politica, liberazione sessuale, liberazione delle forze produttive, liberazione delle forze distruttive, liberazione della donna, del bambino, delle pulsioni inconsce, liberazione dell’arte. (…) È stata un’orgia totale, di reale, di razionale, di sessuale, di critica e di anti-critica, di crescita e di crisi della crescita (Baudrillard 1990, p. 9).

Parlare di amore e sesso attraverso balere e modernità, e viceversa, annuncia il tipo di operazione che nel seguito verrà riproposta: de-specializzare l’idea di seduzione. Come abbiamo accennato a un amore che circola per ospedali e municipi e a un’orgia che coinvolge tutti i settori in cui siamo soliti ripartire la società moderna, così parleremo di una seduzione spirituale, astratta e svincolata dal campo dei sensi e del senso, utilizzando come riferimento principale la riflessione di Jean Baudrillard.

 

Le due seduzioni

L’opera di Kierkegaard (1843, I, pp. 7-212) permette di individuare due tipi di seduzione. La prima, rappresentata dal Don Giovanni mozartiano, si manifesta come puro desiderio, sensualità extra-discorsiva che solo il medium musicale può esprimere; la seconda, spirituale, riflessiva e tendenzialmente sovra-sensuale, trova proprio nel Diario del seduttore(1843, III, pp. 41-221) la propria matrice logica. Chiosando quest’opera, Baudrillard (3) rimodula tale distinzione facendo dei desideri “naturali” non ancora differenziati in ruoli e retoriche, colti dall’essenza musicale di Don Giovanni, un semplice aspetto di quella che chiameremo “seduzione minore” (4), definibile come tranello cinico con cui una parte inganna l’altra per scopi sessuali. Questa declinazione, piuttosto tradizionale ed entrata nell’uso corrente, concerne, secondo Baudrillard, i residui impuri espulsi da un superiore ciclo sacrificale:

L’amore e il piacere sono l’approdo della seduzione impura, che non è più un sacrificio. In questo senso occorre riconsiderare la sessualità come residuo economico del processo sacrificale della seduzione, proprio come nei sacrifici antichi una parte residuale non consumata alimenta la circolazione economica (Baudrillard 1979, p. 105).

È il “lavoratore” della seduzione che si estenua nell’accumulazione di questo resto infilando una conquista dopo l’altra. In questo modo, Baudrillard appiattisce il mito del Don Giovanni su una soggettività calcolante, tesa al soddisfacimento dei propri bisogni attraverso un sapiente uso di tutti i registri del linguaggio: il seduttore, in altri termini, è colui che sa padroneggiare il discorso mediante “un’immaginazione libertina e impertinente” (p. 114).
Questa concezione domina l’arci-liberata sessualità contemporanea, distinguibile da questa scena originaria solo per un’innovazione di fondo: ad un rapporto in cui il seduttore che gode era – tipicamente – un maschio e la fonte di godimento – prevedibilmente – una femmina, si sostituisce una dinamica indifferente alle posizioni assunte dalle identità sessuali. Il femminismo, nelle sue forme meno riflessive, non ha fatto che rivendicare questa parità-di-godimento, aprendo la corsa all’affermazione del diritto alla sessualità da parte di ogni singola differenza.
Si tratta di falsi movimenti: il semplice fatto di privilegiare il lato inferiore della gerarchia non intacca la gerarchia in quanto tale, poiché il femminile, in quanto semplice termine opposto del maschile, è maschile, e lo stesso si può dire dell’omosessuale, del transessuale o dell’animale, se intesi come istanze cui assicurare una libera disposizione del proprio potenziale di godimento – che è proprio ciò che definisce la sessualità maschile:“Ha ragione Freud: c’è una sola sessualità, una sola libido – maschile. La sessualità è quella struttura forte, discriminante, incentrata sul fallo, la castrazione, il nome del padre, la rimozione. Non ce ne sono altre. Non serve a nulla fantasticare di una qualche sessualità non fallica, non barrata, non marchiata” (p. 16).
Da quanto detto segue che l’opposizione maschile/femminile ha carattere doppiamente sessuale – perché fondata su un rapporto tra identità sessuali, ma anche perché articolata mediante il godimento sessuale. Ecco allora che, e negativo, possiamo comprendere come i tratti della seduzione maggiore, posta fondamentale della riflessione di Baudrillard, non siano riconducibili né al gioco irreggimentato delle parti né al soddisfacimento di desideri. Una fenomenologia volante di questa forma alternativa produce il seguente elenco: si tratta di una seduzione obliqua e istantanea (non processuale e “lavorativa”), trasparente e superficiale (non mascherata né psicologica), spirituale (non sensuale), duale (non strategica), paradossale (non discorsiva).

In ogni caso, un semplice registro, pur sostanziato da passi di enigmatica (5) bellezza desunti dall’opera di Kierkegaard, non basta a sciogliere quello che va considerato il punto teorico della questione: come si configura il rapporto tra i due tipi di seduzione? Baudrillard si limita a delineare la concavità lasciata dal pieno della seduzione strategica? Se così fosse, la mossa avrebbe tutti i caratteri della ritirata nostalgica: ci saranno pure due seduzioni, ma una vince, sedimentata nel senso comune e praticata quotidianamente, l’altra perde, lontana, astratta, baudrillardiana. Per rispondere alle domande appena sollevate, dobbiamo anzitutto correggere quest’impressione; per fare ciò, dobbiamo approfondire l’ultimo dei tratti definitori, quello secondo cui la seduzione maggiore si configura come paradosso che insorge ai confini del senso stabilito discorsivamente. Questo percorso ci consentirà di mettere a fuoco gli elementi di contemporaneità di questa forma di seduzione.

 

La società della comunicazione

Si tratta anzitutto di evidenziare il particolare nesso che unisce la seduzione valorizzata da Baudrillard e il concetto di comunicazione. La questione, del resto, è stata sfiorata più volte: l’essenziale a-discorsività della figura di Don Giovanni, colta da Kierkegaard (e mancata da Baudrillard), l’uso strumentale della lingua nella seduzione minore, la forma dell’opposizione strutturale attribuita alla coppia maschile/femminile, tutto ciò porta a pensare che la ricerca di uno spazio seduttivo sovra-sensuale intrecci in maniera non casuale la ricerca di una comunicazione sovra-discorsiva. La circostanza è confermata dal parallelismo che Baudrillard istituisce tra Freud, la cui scienza psicoanalitica viene costruita dopo l’abbandono della teoria della seduzione (6), e Saussure, che pone le basi della scienza strutturale del linguaggio dopo essersi soffermato, con le sue riflessioni sugli anagrammi, su una forma linguistica che non opera attraverso opposizioni binarie (7). Questa analogia configura la seduzione come il lato oscuro del discorso psicanalitico e, al medesimo tempo, del discorso tout court.

La seduzione è ciò che sottrae al discorso il suo senso e lo svia dalla sia verità. Sarebbe, dunque, l’opposto della distinzione psicoanalitica tra discorso manifesto e discorso latente. Il discorso latente, infatti, fa deviare il discorso manifesto non dalla sua verità, ma verso la sua verità. (…) Nella seduzione, al contrario, è in qualche modo il manifesto, il discorso in quel che ha di più “superficiale” a ribaltarsi sull’ordinamento profondo (conscio o inconscio) per annullarlo e sostituirgli la fascinazione e l’illusione delle apparenze (pp. 63-64).

L’operazione di Baudrillard ha la forma della generalizzazione: non solo la psicanalisi, ma ogni discorso è destinato a decostruirsi, a svuotarsi del proprio senso, a se-dursi. Può trattarsi di un sistema di pensiero, di un meccanismo automatico, di una donna, di un oggetto perfetto e inutile, un deserto, una spogliarellista o Dio (p. 83), in ogni caso abbiamo a che fare con istanze sganciate da ogni riferimento con qualcosa che costituisca il loro principio di realtà “oggettivo”: “i sistemi affascinano per il loro esoterismo, che li affranca dalle logiche esterne” (ibid.). Quando parliamo di seduzione maggiore, quindi, non stiamo parlando di qualcosa che abbia primariamente a che fare con l’ambito dei desideri e dell’amore, o con qualche specifico ambito della realtà sociale. O meglio, è come se tutto quanto evocato, dalla donna all’oggetto a Dio, avesse subito una sorta di de-realizzazione, tale da trasformarlo in sistemi comunicativi: è qui che si innesta la seduzione quale parassita, momento di défaillance, performance mancata dei sistemi.

Dobbiamo qui aprire una parentesi decisiva. La comparsa del termine “sistema” non va considerata una variante contingente e, in fondo, poco significativa. Questa, almeno, la tesi di chi scrive: Baudrillard svincola la seduzione dalla sua matrice sensuale mettendola in rapporto di rivalità con il concetto-cardine della società contemporanea, quello di comunicazione. Nello specifico, il modo in cui la teoria dei sistemi di Niklas Luhmann definisce la comunicazione e le specifiche funzioni simboliche svolte da amore e sesso delineano un modello analitico i cui punti ciechi coincidonocon l’azione intellettuale di Baudrillard. In quest’ottica, la seduzione è un modo per denominare le ombre, i risvolti involutivi di questa “società della comunicazione” – ombre e risvolti con cui l’opera di Baudrillard fa corpo unico, al prezzo di non acquisire lo statuto di “teoria” autoconsistente. Insediato nei “buchi” di questa costruzione teorica, tale punto di vista paradossale può essere etichettato come “scettico-parassitario” (8) perché non permette né pretende di avanzare alcuna “tesi” vera e propria (9), né di dischiudere una regione sovranamente sottratta agli imperativi vigenti nel mondo dell’utile (nel nostro caso: del “comunicativo”) (10), né di pensare radicalmente la differenza in quanto categoria filosofica (11). Possiamo dire che il catalogo presentato da Baudrillard è una sorta di compendio del nostro mondo (mass-mediatico, globale, transessuale, virtuale, finanziario, ecc.) scritto senza alcuna attitudine critica, trasgressiva, nostalgica, positiva o affermativa: l’idea è di limitarsi a seguire, a raddoppiare questo mondo che si evolve involvendosi, accelera nel vuoto, illumina e aumenta le zone d’ombra. Detto con le parole di Baudrillard: “Il mio modo di riflettere sulle cose non è dialettico. È, piuttosto, provocatorio, reversibile, è un modo di elevare le cose all’ennesima potenza, più che un modo di dialettizzarle. È un seguirle fino all’estremo per vedere cosa succede” (Gane 1993, p. 82).

Cerchiamo, allora, di delineare i tratti fondamentali del mondo parassitato da Baudrillard. L’approccio della teoria dei sistemi è basato sulla nozione di “differenza”, intesa come istituzione di una linea di confine che pone due lati (distinzione) e in cui si deve specificare ogni volta quale dei due lati venga trattato (indicazione). In tale ottica, i sistemi sociali sono sistemi costitutivi di senso – da intendersi, fenomenologicamente, come “eccedenza di rimandi di un dato esperito ad ulteriori possibilità dell’esperire” (Baraldi, Corsi, Esposito 1995, p. 204). Tale distinzione tra attuale e possibile viene articolata attraverso la comunicazione, l’operazione specifica dei sistemi sociali, che si compone di tre selezioni: 1) emissione, o atto del comunicare; 2) informazione; 3) atto del comprendere. In altri termini, vi è comunicazione solo se Ego comprende che Alter ha emesso (e, quindi, è possibile attribuire alla sua responsabilità) un’informazione. Ogni comunicazione, in questo modo, stabilisce un orizzonte di possibili rimandi a una nuova comunicazione. La comunicazione successiva si lega alla precedente attualizzando una di queste possibilità e lasciando le altre come orizzonti di possibilità.
La comunicazione è resa possibile, in primo luogo, dal linguaggio, che ha la specifica funzione di renderne probabile la comprensione. Comprendere, però, non equivale ad accettare: la comunicazione linguistica può sempre essere negata (Cfr. Baraldi, Corsi, Esposito 1995, p. 141), quindi per assicurare l’accettazione dell’enunciato si rende necessario un dispositivo ulteriore. Quelli che Luhmann chiama “mezzi di comunicazione generalizzati simbolicamente” svolgono, per l’appunto, la funzione di garantire l’accettazione di quanto comunicato: così, per esempio, il medium “potere” rende accettabile un ordine, il medium “verità” rende accettabile una tesi scientifica, l’“amore” (ed è questo il caso che ci interessa) rende accettabile una “comunicazione che sia personale al più elevato livello” (Luhmann 1982, p. 22). La simbolicità di questi mezzi sta proprio nella capacità di coordinare, mettere insieme (syn-bolon) istanze che, dal punto di vista statistico, potrebbero trovare una convergenza solo casuale e quindi, socialmente e sociologicamente, del tutto insufficiente.

È della massima importanza cogliere che l’amore, in quanto codice di comunicazione, non è un sentimento ma semmai la forma, socialmente data e quindi storicamente variabile, attraverso cui esprimere, simulare o negare sentimenti. Nella prospettiva di Luhmann, più in particolare, la semantica specificamente moderna dell’amore come passione si lega a una struttura sociale in cui il punto di vista individuale si dispone in maniera tale da distinguersi da quello degli altri individui: parlando di sé o del mondo per come gli appare (cioè del suo mondo), l’individuo pone il partner della comunicazione davanti all’alternativa di confermare o rifiutare il proprio progetto mondano. Nei rapporti personali ci si attende di veder riconosciuta la propria individualità e perciò l’amore si estrinseca come convalida dell’autodescrizione del partner, come “comprensione” del rapporto da questi istituito con se stesso e con il proprio ambiente: l’amante è il confermatore del privatissimo mondo dell’amato (12). L’amore, in quest’ottica, può essere visto come il medium che rende degna del massimo interesse una comunicazione che, avendo per oggetto un mondo idiosincratico, risulta mediamente ben poco interessante: “in siffatte angustie, ogni ragionevole destinatario prenderà la fuga o anche tenterà d’ignorare i riferimenti personali che si manifestano e di passare con tatto nell’impersonale del mondo ‘anonimamente’ costituito” (Luhmann 1982, p. 23) (13).

Dato il tipo di comunicazioni, la prestazione simbolica dell’amore si esplica spesso passando accanto alla comunicazione linguistica: talora è inopportuno, se non in qualche modo contraddittorio, dire all’altro che è capito. Lo sguardo arriva prima. Peggio ancora se si chiede all’altro di specificare quale sia il suo punto di vista in modo da poterlo comprendere meglio, visto che l’attesa dell’amato è che l’amante abbia già capito. Questa paradossalità della comunicazione amorosa ha il proprio rovescio nella libera proliferazione dei dialoghi tra innamorati, che possono parlare all’infinito di niente (cfr. p. 27).
Rispetto a tale configurazione del rapporto tra struttura sociale e integrazioni simboliche dei processi comunicativi, il sesso figura come la “fatticità organica del vivere insieme” (p. 29): ogni sistema di comunicazione deve avere un correlato fisico, e lo specifico medium dell’amore ha nel sesso il proprio riferimento reale. Così, la prestazione simbolica svolta dal codice si continua in quelli che Luhmann chiama, sottolineando così il loro carattere organico, “meccanismi simbiotici” (ibid.). Riguardo la parabola moderna dell’amore, poi, il sesso svolge un ruolo del tutto particolare. Mentre nell’epoca medievale domina l’opposizione ragione-sensi e l’amore viene pensato come atto cognitivo, nel xvii secolo tramonta la concezione del corpo come natura bisognosa di controllo e, progressivamente, si assiste a un processo di inclusione del sesso nell’amore. D’altra parte, per il medium amore l’esclusione del sesso provocherebbe una costante fonte di disturbo rispetto allo sviluppo della comunicazione intima.

 

Abbracciare le nubi

Abbiamo detto che la seduzione maggiore non costituisce una sfera autonoma, fatta di una certa rete di concetti o di codici comportamentali, ma qualcosa di essenzialmente legato alla comunicazione, tanto da condividerne l’onnipresenza nel campo sociale. Più precisamente, il rapporto è il seguente: se la comunicazione veicola il senso attraverso la differenza tra attualizzazione di un tema e correlativa riserva di temi possibili, la seduzione è ciò che sottrae al discorso il suo senso, cioè la sua specifica economia di attuale e possibile. In analogia con le concatenazioni paradossali del linguaggio, che fanno collidere differenti livelli di significato, la seduzione si configura come rapporto che, per così dire, corre sotto e arriva prima della comunicazione tra soggetti. La seduzione, alla pari del motto di spirito, tocca “il punto cieco e sconosciuto, il punto sigillato del segreto” (p. 112) dell’interlocutore.

Ripartiamo dalla domanda che avevamo lasciato in sospeso prima di immergerci nella prospettiva di Luhmann: che rapporto esiste tra la seduzione minore, istanza di attivazione del codice amoroso, e seduzione maggiore, impasse del codice stesso? tra livello sensuale, articolato mediante un linguaggio strategico, e livello del non sense, confine paradossale del senso linguisticamente articolabile? Facciamo i nostri esprimenti concettuali sullo sguardo.
Abbiamo fatto riferimento a un passo in cui Luhmann sottolinea come la richiesta di conferma che accompagna la comunicazione amorosa trovi spesso un trattamento non linguistico; se tutto funziona, basta un’occhiata. Ebbene, quell’occhiata ha un senso preciso, vuol dire: “Sì”. Con essa, infatti, si accetta lo sguardo sul mondo gettato dall’altro. L’impalcatura teorica sistemica porta a cogliere quale fenomeno comunicativo discreto quello che, in Baudrillard, innesca invece la forma più pura e più immediata di seduzione (14). Infatti, anche in Baudrillard lo sguardo è ciò che rende superflue le parole ed è ciò che, se si concreta in parole o gesti, perde la propria “tensione incantevole”. La differenza è che qui gli occhi non si scambiano alcunché, sono pieni di un fascino fatto di segni vuoti, privi di profondità: “Ogni sistema che si lascia assorbire in una complicità totale, tale da far sì che i segni perdano tutto il loro senso, esercita proprio per questo un potere di fascinazione sorprendente” (Baudrillard 1979, p. 83).

Alla luce di questo caso paradigmatico, possiamo ribadire che la seduzione non contrappone alla superficie del discorso la sua latenza. Ciò che sposta un discorso, ciò che effettivamente lo “se-duce”, sviandolo dalla sua direzione e facendolo ritornare su di sé, non va cercato in un suo lato non visto da far emergere: “l’apparenza stessa del discorso, la circolazione aleatoria o insensata, o rituale e minuziosa, dei suoi segni in superficie, le sue inflessioni, le sue sfumature: è tutto questo che cancella il contenuto del senso” (pp. 61-62).
Soffermiamoci su un frammento di un discorso ben poco “amoroso”, che Baudrillard cita in numerose occasioni:

– Portami nella tua camera e scopami.
– C’è nel tuo vocabolario un che di indefinibile, che lascia a desiderare (15).

La replica può essere considerata una semplice reazione ad una proposta oscena, ma è più sottile una lettura secondo cui l’oscenità conclamata, troppo diretta e per questo “indefinibile”, diventa stimolo per l’immaginazione: “In fondo, la pura domanda sessuale, l’enunciato puro del sesso sono impossibili. Non ci si libera dalla seduzione, e il discorso anti-seduzione è l’ultima metamorfosi del discorso di seduzione” (p. 52). Baudrillard non fa della seduzione una contro-forza rispetto all’osceno: è la stessa proposta indecente che, attuandosi, trapassa in seduzione.

Più in generale, la seduzione complica ogni processo comunicativo: in ogni atto c’è sempre qualcosa che passa sopra il significato, ed è proprio questa dimensione parassitaria che seduce il discorso. La seduzione non designa un processo alternativo alla logica che regge la società della comunicazione, ma è costituita dagli effetti del pieno dispiegamento di questa stessa logica. È per questo che Baudrillard sottolinea come la strategia di conquista del seduttore riproponga la forma del witz, o del motto di spirito nell’accezione moderna, che agisce raddoppiando il materiale dato: l’esperienza della sedotta, che cercando di abbracciare il seduttore si ritrova ad abbracciare le nubi (cfr. Kierkegaard 1843, III, p. 51), mostra come i “fatti” (le parole effettivamente dette, le cose davveroavvenute) siano il sostrato attraverso cui transita un sovra-senso irriducibile e non determinabile.

Ci si chiederà: ma quali sono gli “esempi” di questa versione generalizzata di seduzione? questa seduzione esiste? Dal punto di vista di chi scrive, Baudrillard non comunica una teoria sulla seduzione e non fornisce veri e propri esempi perché non c’è una realtà della seduzione oltre la scrittura che la evoca. Così, anche il lettore che cerca di “stringere” il discorso di Baudrillard si ritrova ad abbracciare le nubi. Guillaume riesce ad esprimere bene quello stato di sospensione incredula che accompagna chi legge Baudrillard: “Perché frequentiamo il mondo mentale che Baudrillard ha creato a partire dal mondo che condividiamo? Quale inquietudine gioiosa riusciamo a ricavare da questa frequentazione? O ancora: perché quest’ombra gettata sul mondo ci seduce?” (Guillaume 2004, p. 6). Alla fin fine, l’unica realtà della seduzione è la scrittura che la mette in scena indicando il non-senso che accompagna ogni comunicazione sensata.

di René Capovin

 

Note

1 La fonte è lo stupore scandalizzato di un’operatrice sanitaria di mia conoscenza.
2 In Italia il problema è diventato una notizia all’inizio del 2006, grazie all’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano.
3 Faccio riferimento, in particolare, a Baudrillard 1979.
4 L’opposizione seduzione minore/seduzione maggiore riproduce quella tra “riso minore” e “riso maggiore”, coniata da Bataille e esplorata criticamente in Perniola (1998, pp. 116-124). Il motivo dell’aggancio all’opera di Bataille risulterà subito chiaro quando vedremo Baudrillard configurare il sesso, centro della seduzione minore, come residuo economico dello scambio simbolico.
5 Per i risvolti filosofici della categoria di “enigma”, cfr. Perniola 1990.
6 Baudrillard cita Laplanche e Pontalis, secondo cui tale abbandono, avvenuto nel 1897, è stato un passo decisivo per l’avvento della teoria psicanalitica; cfr. Baudrillard (1979, p. 63).
7 Si tratta di appunti resi parzialmente accessibili da Jean Starobinski, nella sua opera Les mots sous les mots, del 1971. Sul punto, cfr. Baudrillard (1976, cap. 6).
8 Per la nozione di “parassita”, cfr. Serres 1980.
9 Cosa che sposterebbe Baudrillard verso il campo sociologico.
10 Cosa che sposterebbe Baudrillard verso il campo della “sociologia sacra”, à la Mauss e à la Bataille.
11 Cosa che sposterebbe Baudrillard verso il campo della decostruzione à la Derrida.
12 In termini più tecnici: “l’amore pretende che Ego, se ama, nel suo agire si orienti all’esperienza interna di Alter” (De Giorgi, Luhmann 1992, p. 127).
13 Ovviamente, una configurazione del genere rende l’amore instabile: quanto più si ha individualizzazione della persona, tanto più le pretese di comprensione sono difficili da realizzare, nel senso che l’interesse compensatorio per i rapporti intimi, in quanto opposti a quelli impersonali, può sollevare aspettative eccessive rispetto alle capacità di “comprensione” del partner.
14 In effetti, il contrappunto di Baudrillard al testo di Kierkegaard è costituito in buona parte da variazioni sul tema dello sguardo.
15 Si tratta di un passo tratto dall’opera di P. Dick, Il ballo degli schizofrenici; cfr. Baudrillard (1979, p. 51).

 

 

Bibliografia

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