A prima vista, la risposta alla domanda “che cos’è l’intimità?” è facile. Le relazioni intime sarebbero di tre tipi: edonistiche, utilitaristiche o autentiche. Questa distinzione riproduce esattamente il pensiero di Aristotele, secondo il quale esistono tre tipi di rapporti affettivi, rispettivamente fondati sul piacere, sull’interesse e sulla virtù. I primi due sarebbero fragili ed accidentali, perché l’amato non è amato per se stesso, ma per il piacere o l’utilità che procura. Infatti, il piacere e l’utile non sono costanti ma diversi di volta in volta. Solo da quello fondato tra persone buone nasce la fiducia e la disposizione a non farsi mai ingiustizia reciprocamente (Etica Nicomachea, 1157a).
I testi raccolti in questo numero di “Ágalma” mostrano che le cose sono un po’ più complicate. Il saggio del grande sociologo tedesco Georg Simmel che risale al 1898, fornisce anche oggi molti spunti di riflessione circa il rapporto tra l’intimità e il denaro: da un lato l’essere comprati implica il fatto di costituire un valore, dall’altro chi compra ha una posizione di superiorità su chi è comprato. Da questo assunto derivano molte conseguenze paradossali; l’intimità sessuale è una merce il cui valore varia enormemente a seconda delle civiltà e delle circostanze: dalla prostituzione al matrimonio d’interesse esistono molte situazioni intermedie che Simmel prende in considerazione con riferimento sia alla civiltà occidentale che ad altre civiltà. Le vicende di una vita matrimoniale sono tali che nessuno dei due contraenti può sapere in anticipo se ha fatto “un buon affare”; perciò l’inclinazione affettiva puramente individuale deve prevalere su ogni calcolo (che peraltro è impossibile quantificare).
La netta distinzione tra i rapporti intimi e quelli utilitari, vale a dire tra relazioni basate sul sentimento di appartenenza reciproca (communal) e relazioni basate sullo scambio, sta alla base di alcune ricerche sociologiche americane. Le seconde sono considerate fragili per le stesse ragioni che già Aristotele aveva colto.
Tuttavia i saggi di Luigi A. Manfreda e di Henry-Pierre Jeudy, mostrano che anche le esperienze apparentemente più condivise sono altrettanto fragili. Il primo analizzando una frase di Proust, mostra che lo sguardo altrui ci spinge non verso la nostra interiorità, ma al contrario verso la superficie di noi stessi! Per il secondo l’intimo è l’effetto di un’impressione fortuita e provvisoria: esso è una forma vuota che genera malintesi. L’ampio saggio di Sergio Benvenuto su Wittgenstein critica la condivisione conformistica di alcunché: chi crede fermamente in ciò che ha visto con i propri occhifornisce una testimonianza che vale per tutti.
Aldo Marroni e Enea Bianchi hanno un orientamento più sociologico e si interrogano sulle trasformazioni che l’esperienza dell’intimità intesa come ricerca del piacere ha assunto nel mondo contemporaneo. Il primo stabilisce una netta distinzione tra intimità e intimismo la quale si muove verso la ricerca di un soggetto altro ed ha quindi una vocazione sociale; il secondo si muove verso l’interiorità ed è esclusivamente interessato a valorizzare il proprio privato attraverso momenti di piacere individuale. Entrambe le direzioni sono oggetto di una degradazione e di una banalizzazione che si spaccia per “disincantata” e “democratica”: l’intimismo decade in narcisismo cinico e l’intimità si riduce a una pratica del sesso senza coinvolgimento emotivo né valore simbolico. Alla base di entrambe sta un profondo sconforto e un senso di frustrazione che raggiunge il suo culmine nella cyber-intimità analizzata da Enea Bianchi. Si apre così un panorama sconcertante di carattere patologico, in cui le tre A della vita contemporanea – anedonia, addiction (dipendenza) e autismo – si intrecciano in una totale devastazione psichica, intellettuale e morale.
Anna Camaiti Hostert analizza il fenomeno dell’intimità forzata. Le prigioni, gli ospedali, la condizione abitativa di tantissimi poveri, nonché non pochi matrimoni, rappresentano casi molto comuni di tale situazione, in cui si è costretti a stare insieme a persone con le quali si sta male. Nel suo saggio l’intimità forzata diventa la metafora attraverso la quale è interpretata l’attuale American way of life.
La promiscuità può essere interpretata anche in un altro modo se trasposta su di un piano ontologico: per esempio, Caterina Di Rienzo ci mostra che l’ultimo saggio di Merleau-Ponty Il visibile e l’invisibile,attribuisce all’intimità i caratteri della pluralità e dell’extimità.
Milosh F. Fascetti ci offre una dettagliata rassegna del modo in cui la nozione di intimità è stata pensata nella letteratura psicoanalitica. Essa è stata pensata come “altro”, dipendenza, pulsione, relazione, abitudine, impossibilità, ambivalenza lontananza ed estasi.
Infine il testo dello scrivente si propone di ricuperare la nozione di “profondo”, emancipandola dalle interpretazioni spiritualistiche e sottraendola alle critiche di cui è stata oggetto da parte del postmodernismo.
In conclusione, si riporta l’impressione che l’intimità sia un enigma. Questo carattere è implicito nella sua etimologia: in latino intimus è il superlativo assoluto di interior. Il suo contrario è extremus (superlativo assoluto di exterior). Tuttavia il verbo intimo vuol dire “far entrare, “far sapere, comunicare, far penetrare negli spiriti”, e quindi intimare!