Miki Okubo – La fine del diario intimo. Dall’antico Giappone a Twitter


Questo studio si propone di definire la “narrazione di sé”, quale mezzo di esposizione interiore, attraverso una comparazione tra i diari giapponesi tradizionali e quelli contemporanei. Questi ultimi infatti si sono modificati ed evoluti nella società dell’informazione.

Da molto tempo in Giappone il diario occupa una posizione importante all’interno della società. Il Tosa nikki (“Diario di Tosa”), scritto da Tsurayuki Kino nel X secolo, è il più antico. Esso è il primo esempio giapponese di diario come genere letterario; l’originalità del suo stile di scrittura è costituita dall’aggiunta di finzioni e d’invenzioni narrative. Alcuni teorici giapponesi hanno notato l’importanza del diario da un punto di vista etnologico. Allo stesso modo, Donald Keene, yamatologo di origine americana, ha analizzato, in Travelers of a Hundred Ages: The Japanese as Revealed through 1000 years of Diaries (1989), il diario dal punto di vista psicologico e psichiatrico. Ma la difficile interpretazione della scrittura antica e i soggetti triviali e ripetitivi hanno impedito al diario di essere valorizzato in quanto letteratura, benché sia considerato come tale: nikki bunngaku (“letteratura del diario”).   I diari classici hanno influenzato le attuali modalità di scrittura. Al di là delle differenze culturali, si può constatare il carattere drammaturgico della “narrazione di sé”, che avviene attraverso la trascrizione del quotidiano.

Il diario si sviluppa dalla popolarizzazione della scrittura. Gli appassionati scrivono ardentemente i propri sentimenti, eventi e pensieri, al fine di creare un resoconto cronologico della loro esperienza quotidiana. Si dice spesso che il blog sia l’equivalente del diario su carta, ma quest’ultimo non possiede la grande capacità di propagazione dei testi digitali. Tuttavia è importante sottolineare il fatto che il diario abbia incoraggiato gli appassionati a esprimersi attraverso lo scritto. Il diario, spesso intimo e confidenziale, è un mezzo utile per svelare il pensiero introspettivo.

Ora introdurrò succintamente uno dei generi del diario giapponese: il kôkan nikki (“diario incrociato”). Tra le diverse pratiche della scrittura, quest’ultimo serve soprattutto alle scolare giapponesi come esercizio. Il kôkan nikki, il cui boom è avvenuto negli anni Ottanta del Novecento, è un quaderno comune che alcune scolare (in genere da due ai cinque) riempiono, ciascuna, alternativamente. La prima partecipante scrive tutto ciò che ha vissuto durante la settimana, i soggetti che hanno attratto la sua attenzione o le preoccupazioni che vuole confidare.  Successivamente le altre commentano ciò che essa ha scritto. I commenti sono percepiti come un incoraggiamento all’atto dello scrivere, affinché le autrici dilettanti trovino la loro motivazione. Questo procedimento permette a ognuna di rassicurarsi, poiché implica che l’articolo è stato effettivamente letto. Il kôkan nikki ha costituito il legame tra il diario “su carta” e quello su supporto digitale. Esso è l’antesignano delle modalità del diario nell’epoca della scrittura digitale. I testi sono condivisi dai dai partecipanti nel caso del kôkan nikki e  dagli internauti nel caso del diario digitale. Si creano così delle piccole comunità intime.

Oggi il blog riduce la distanza tra lo scrittore professionale e lo scrittore dilettante, dissolvendo il “mistero” del diario. Come definire ormai la narrazione di sé, secondo questa nuova struttura drammaturgica? Si può scrivere un diario su di sé, in rete, che non sia letto solo da chi lo ha scritto? Oggi l’atto dello scrivere si è modificato?

Per rispondere a queste domande, presenterò i soggetti e lo stile di scrittura di tre diari classici: il Tosa Nikki, il  Murasakishikibu Nikki  ? (“Diario di Murasaki Shikibu”) e il Kagerò Nikki (“Diario di Kagerò”). Successivamente, affronterò il problema della narrazione di sé in Internet.

 

Il Nikki classico: finzione e teatralità della letteratura nikki

Come è noto, i rapporti di viaggio e  i documenti ufficiali di carattere  politico e sociale, furono scritti in kanji (caratteri di origine cinese) esclusivamente da uomini. Il diario intimo invece è stato prodotto da donne, che inventarono nel IX secolo la scrittura  hiragana (sillabario giapponese ispirato ai caratteri cinesi omofoni). Ciò ha consentito a signore appartenenti ad una classe sociale elevata di impegnarsi ardentemente in questa nuova attività. Mentre la poesia cinese, chiamata kanshi (“poesia scritta unicamente in kanji”) – riservata agli uomini – è stata considerata come un’arte letteraria “sofisticata”, la pratica dello zuihitsu (“saggio”) e della poesia waka , entrambi scritte abitualmente in hiragana, fu consentita anche alle donne, in quanto si trattava di  una nuova espressione letteraria. Tuttavia, in quel periodo, la popolazione alfabetizzata riguardava solo l’aristocrazia e il diario non poteva essere un’espressione pubblica.

 

Il Tosa Nikki

Il Tosa Nikki di Tsurayuki Kino è considerato il primo dei diari giapponesi. Esso fu realizzato durante il viaggio di cinquantacinque giorni compiuto da Tsurayuki Kino per ritornare a Kyoto. Egli partì dalla città di Tosa, dove era stato in missione per parecchi anni. Quest’opera è così celebre per la particolarità del suo autore. In effetti, Tsurayuki Kino è un uomo che ha voluto utilizzare il sillabario hiragana, normalmente riservato alle donne, per scrivere un diario di viaggio fino a quel momento scritto dagli uomini in kanji. Da qui, la sorprendente prima frase di questo diario, dove Kino si fa passare per una donna: “Io provo a tenere un diario abitualmente riservato agli uomini”. Kino realizzò questo nikki utilizzando gli hiraganache padroneggiava perfettamente in quanto era anche un poeta di waka. Il Tosa Nikki racconta i ricordi di Kino su sua figlia morta durante la missione che egli svolse a Tosa (storia vera). Oggi, grazie ai documenti conservati, si sa che l’autore modificò leggermente l’itinerario reale del viaggio. Si tratta di una “storia ricostruita”, basata su note prese durante le sue missioni. Si percepiscono gli sforzi dell’autore per realizzare il suo racconto autobiografico. Il seguente passaggio è indicativo del suo stile letterario.

Le persone, felici di arrivare presto a Kyoto, si affrettano ad andare contro la corrente del fiume. Quelli che, arrivando a Tosa, non avevano ancora figli, oggi, rientrano con i loro bambini nati durante il servizio a Tosa. Aiutano i figli a scendere e a salire dalla nave a ogni ormeggio. Una madre che aveva perduto sua figlia durante il soggiorno a Tosa, guardando tale scena, non contenne le lacrime e disse:

Che tristezza! Le persone che non avevano figli, oggi, li portano a Kyoto, ma io vi ritorno sola, senza mia figlia.

Suo marito la ascoltò. Non immagino il dolore che provò. (Tsurayuki Kino, 1960, 82.) (Traduzione dell’autrice)

Questo passaggio che racconta il dolore della madre per la morte della figlia, condiviso dal marito (in realtà, si tratta dell’autore stesso), è tipico della drammaturgia sviluppata da Tsurayuki Kino.

 

Il Murasaki Shikibu Nikki

I diari realmente scritti da autrici femminili si concentrano sulle relazioni umane degli individui, sui sentimenti riguardanti gli eventi del tempo e sulle storie d’amore dei nobili. Per la testimonianza apportata da un tale tipo di racconti, questi diari sono stati considerati come dei documenti storici attestanti la realtà di un’epoca.

Il Murasaki Shikibu Nikki è il diario tenuto dalla Signora Murasaki Shikibu, tra il 1008 e il 1010, tanto prima che dopo il parto dell’Imperatrice-consorte Shôshi (988-1074). Vi si ritrovano diversi argomenti, come gli eventi  che avvengono intorno all’Imperatrice, le abitudini imperiali e la vita delle donne. Questo diario, considerato per molto tempo un documento storico, è altrettanto rilevante quale dramma umano perché mostra le relazioni tra le persone di cuore. È anche il riflesso delle opinioni di Murasaki Shikibu, molto critica nei confronti delle sue rivali come, ad esempio, Sei Shônagon , autrice delle Makura no Shôshi (Appunti sul guanciale), lavoro che, assieme al   Genji Monogatari (Storia di Genji il principe splendente)di Murasaki Shikibu, è spesso considerato uno dei vertici della letteratura giapponese di genere femminile. Vediamo due passaggi concernenti la sua critica alle due dame di corte: Izumi Shikibu , poetessa di tanka (poema di trentacinque sillabe), e Sei Shônagon.

Su Izumi Shikibu scrive:

Nelle corrispondenze di Izumi Shikibu lo scritto appare interessante. Ma Izumi ha dei modi leggeri. Nel corso della scrittura si constata il suo talento nell’uso di parole e di espressioni piene di charme. Ella manca, tuttavia, di conoscenze poetiche e teoriche e il suo stile ne risente.

Su Sei Shônagon scrive:

Sei Shônagon è veramente orgogliosa di se stessa. Con un’aria fiera, come se fosse lei la più intelligente, scrive kanji ovunque. Tuttavia il loro senso è spesso infantile. Qualcuno che cerca sempre di dominare diventerà, senza alcun dubbio, inferiore agli altri in futuro. (Murasaki Shikibu, 1964). Le due citazioni si riferiscono alla Seconda Parte del diario.

Il Murasaki Shikibu Nikki comprende anche delle parti consacrate ai pensieri propri dell’autrice, introdotte da parole quali “le mie confessioni”, “i miei pensieri”, “i pensieri degli altri”. Si tratta di un testo che è più una raccolta di saggi, di critiche e di opinioni che un vero e proprio diario, poiché si prescinde dal legame temporale.

 

Il Kagerô Nikki

Il Kagerô Nikki è un’ opera imponente della madre di Michitsuna Fujiwara (Fujiwara Michitsuna no Haha), comprendente tre volumi, scritti nel corso di vent’anni (954-974). I soggetti di questo diario ruotano attorno ai problemi coniugali dell’autrice, alla sua gelosia nei confronti di un’altra donna e al risentimento nei confronti di suo marito. L’autrice ha inserito duecentosessantuno waka al suo racconto, di cui uno è stato, successivamente, selezionato per far parte dell’hyakunin isshu, una celebre raccolta di cento poemi classici giapponesi. Eccolo.

Alla fine del mese di ottobre, come prevedevo, egli non venne da me per tre notti. Poi ritornò, come se niente fosse. Io chiesi a un inviato di seguirlo quando la sera uscì di nuovo, dicendo che aveva degli affari importanti da regolare a corte. Secondo questo inviato, lasciò la sua vettura in una piccola strada. Ecco le cattive notizie come le avevo immaginate. Due o tre giorni più tardi, all’alba, è ritornato e ha bussato alla mia porta. Era sicuramente lui, ma io ho esitato un momento prima di aprire la porta. Allora lui se n’è andato da questa donna. La mattina del giorno dopo, ho scritto con emozione questo poema rivolto a mio marito: “Sapete che lunga notte ho trascorso da sola, in lacrime? Senza dubbio, vi è impossibile immaginarlo, perché non avete aspettato che io aprissi la porta”. (Fujiwara Michitsuna no Haha, 2000).

Il Kagerô Nikki è, in pari tempo, un diario che racconta l’emozione di una donna cha ha sofferto, e un’opera legata a un genere contemporaneo chiamato “autofinzione”, rappresentato da autori quali Haruki Murakami, Hitomi Kanehara e Hervé Guibert. Tale racconto di donna è ritessuto, ricostituito e drammatizzato nello stile di questa autrice di talento, visto che anche i lettori moderni possono provare della simpatia per il suo racconto autobiografico.

 

La letteratura Nikki classica

Per analizzare il diario, in quanto racconto, occorre portare l’attenzione su una caratteristica importante del nikki giapponese nel periodo Heian (X-XI secolo): la composizione delle parti narrative, dei dialoghi e dei waka. Il waka è un poema tradizionale composto di cinque versi (trentuno sillabe suddivise in 5-7-5-7-7). Era molto presente negli scambi tra gli innamorati (lettere in forma di poesia) e si era sviluppato come “opera d’arte minimalista”, passando per dei giochi letterari (come il renga), in cui la nobiltà di corte gareggiava in talento. Questo poema, ispirato alla vita quotidiana o rivelante il pensiero profondo di una persona, doveva essere drammatizzato, sofisticato e teatralizzato per avere una qualità artistica. Tali poemi erano inseriti nelle parti narrative del diario. Talvolta, seguivano l’evoluzione del contenuto, talvolta, trasformavano la sua verità e inventavano la storia.

È difficile sapere se gli autori di nikki, a quel tempo, fossero coscienti dell’esistenza degli eventuali lettori. Tuttavia, Imanishi Yûichirô, ricercatore giapponese, ha messo in evidenza un aneddoto: la madre di Michitsuna Fujiwara, autrice del Kagerô Nikki, avrebbe chiesto a suo marito di migliorare i suoi waka affinché le sue opere avessero una buona reputazione nelle generazioni future. Quest’autrice, senza dubbio, non è la sola ad aver sviluppato una tale strategia di esposizione di sé e per numerosi altri autori il diario era sicuramente un mezzo per dimostrare il proprio talento. La letteratura nikki è originariamente una “scrittura aperta”, capace di essere letta, esposta e valutata, in quanto opera d’arte. Benché l’ipotesi di uno scopo commerciale non sia immaginabile, a nostro avviso, il diario diviene “aperto” nel momento in cui è scritto, anche se l’autore non ha alcuna intenzione di mostrarlo agli altri. L’atto dello scrivere è un mezzo che permette di superare le frontiere tra se stesso e gli altri. Non appena un pensiero prende forma scritta, questa espressione diventa inconsciamente un’arte “teatrale”. Michael Fried, critico e storico dell’arte, ha rilevato, a proposito delle arti moderne, la natura teatrale dei modelli, allorquando sono esposti allo sguardo degli altri (Art and Objecthood, in Artforum 5, giugno 1967). Questo stesso principio è applicabile allo scritto. Sarebbe strano se lo scritto prendesse una forma teatrale anche senza lettore? Questa teatralità, tuttavia, è veramente presente. È una natura che domina non soltanto i nikki classici, ma anche le nostre scritture contemporanee, che non hanno, spesso, alcun lettore.

 

Il “diario” fuggente nel cyberspazio e le sue poste in gioco

L’attuale situazione della scrittura è complessa, ma ora metterò in luce il diario digitale e le sue poste in gioco. Il blog è correntemente considerato una versione moderna del diario. Tuttavia, secondo la mia classificazione, diverse scritture sui social network, come i tweets, alcuni giornali in linea, le note o i commenti su Facebook, sono anche una sorta di attività legata al diario.

I commenti, le risposte e le opinioni sul blog e gli altri social networkssono equivalenti alla struttura del “diario incrociato”. La scrittura contemporanea diviene corta e frammentata, ma si configura sempre come il prolungamento del diario. La frammentazione e la minimalizzazione nello scritto, specificità della scrittura digitale, aumentano la velocità delle persone che scrivono. I blogger ardenti rinnovano con grande frequenza i loro articoli; gli utilizzatori di Twitter, durante la giornata, lanciano venti, trenta messaggi. (Consideriamo, ad esempio, varie attività di scrittura in Internet, come i commenti, le risposte e le opinioni personali. La lunghezza è ridotta al minimo, l’espressione è semplice, e i contenuti sono così frammentati che è difficile cogliere l’argomento nella sua compiutezza).

Il testo pubblicato su Facebook non è passato al vaglio delle correzioni; esso piuttosto è improvvisato in diretta. In questa situazione, chi pubblica non si aspetta di avere dei lettori fedeli che rileggano minuziosamente la sua scrittura, e nemmeno di ricevere commenti a lungo termine. Egli dimentica rapidamente il testo dopo aver avuto la soddisfazione di un riscontro da parte del lettore, nel giro di qualche minuto o di qualche ora, o al massimo di qualche giorno dopo la pubblicazione.

Nell’utilizzo dei social networks, c’è anche una nuova tendenza: la “nota”. Ma perché gli utenti espongono la loro “nota” personale sui social networks(un luogo pubblicamente aperto)? Vi sono due ragioni: una passiva e una almeno potenzialmente attiva. In effetti, esiste un tipo di utenti che conta sulla capacità di archiviazione e di stoccaggio della rete. Essa lascia tutte le sue informazioni utili in Internet, ponendo poca attenzione al fatto che questi dati sono visibili a chiunque. Un altro tipo di utenti, più audace e strategico, si considera già come una risorsa umana, “aperta e disponibile a tutti”. Questi nuovi scriventi “esibizionisti” pensano forse che la loro “nota” sarà utile a qualcun altro (anche se non sanno a chi e quando). È in questo momento che il diario perde il suo “mistero”, diventando un’espressione “esponibile”, vagando nel cyberspazio.

Lo scritto, ormai aperto, possiede due potenzialità opposte: potrà essere un giorno ritrovato, letto e apprezzato, soprattutto da uno sconosciuto, oppure non sarà mai ritrovato, cadendo nell’oblio. Ormai dobbiamo coesistere con questo dilemma legato alla scrittura contemporanea quotidiana.

 

Perché scrivere?

Dopo la scomparsa del “mistero” del diario, a causa dei social networks, come definire la narrazione di sé? Che motivazione si può trovare in una scrittura senza destinatario? L’atto dello scrivere si è modificato? Lo scopo del presente articolo è rispondere a queste domande.

Immaginiamo una massa di testi digitali lasciati in un cyberspazio vuoto: ciò sembra inutile, poiché nessun lettore se ne interesserebbe. Tuttavia, malgrado la limitata capacità di propagazione, l’atto di tenere un diario scritto a mano continua ad attirare l’essere umano. In effetti, è l’atto stesso dello scrivere – sia che riguardi note, testi corti o parti di saggio – che ha potuto salvare alcuni autori. “Scrivere” è potenzialmente una terapia. È un atto fisico, attraverso la mediazione del corpo, nel quale i nostri pensieri introspettivi sono trascritti, affinché possano apparire fuori di noi. Ciò che è scritto in un diario è naturalmente teatralizzato, ricostruito in quanto finzione basata su una storia vera e condivisibile con gli altri. Questo atto provoca nell’autore un effetto catartico e il testo digitale – potenzialmente aperto e interattivo – è in attesa di incontri che lo modificheranno.

Il diario “tradizionale”, scritto su carta, e quello digitale condividono, in effetti, uno stesso modo di essere: accolgono ogni lettore potenziale e sono aperti alla modifica. Questa potenzialità definisce il significato dello “scrivere”.

Quando l’espressione supera il territorio introspettivo, la narrazione di sé, sia “contemporanea”, sia “classica”, appare come atto artistico, tessitura di un racconto. Questo racconto sarà letto, modificato, rieditato, cambiando la sua realtà. Esso ha le caratteristiche di una scrittura universale.

di Miki Okubo

 

Bibliografia

Opere francesi

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Calle, S. 2000, Les dormeurs, Arles, Actes Sud.

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Lejeune, P., 1975, Le Pacte autobiographique, Paris,  Edition du Seuil.

Lejeune, P.,  2003, Un journal à soi, Paris, Textuel.

Lejeune,P., 2005, Le Pacte autobiographique: Tome 2, Signes de vie, Paris,  Edition du Seuil.

Lejeune, P. 2006, Le journal intime: Histoire et anthologie, Paris, Textuel.

 

Opere giapponesi

Fujiwara Michitsuna no Haha, Aya Kumamoto (Traduzione in giapponese moderno), 2000, Kagerô Nikki , University of Virginia Library Electronic Text Center (http://etext.lib.virginia.edu/japanese).

Tsurayuki Kino, Êichi Mitani (Traduzione in giapponese moderno), 1960, Tosa Nikki , Kadokawa Sofia Bunko.

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Izumi Shikibu , Miyuki Kondô (Traduzione in giapponese  moderno), 2003, Izumi Shikibu Nikki , Kadokawa Sofia Bunko.

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Eiko Tabusa , 2012, Haha ga shindoi,

Shinjinbutsuôraisha.

 

(Traduzione dal francese di Caterina Di Rienzo)