Ágalma 37 – Arte e psicoanalisi Torna al sommario del numero

Sergio Benvenuto – Alienazione e separazione. La farsa dell’amore


L’autore esamina le parti che Jacques Lacan dedica ai concetti di “alienazione” e “separazione”, che illustra a partire dalle operazioni insiemistiche di unificazione e intersezione. Mostra come di fatto Lacan distorca volutamente il senso logico di questi strumenti. L’autore cerca comunque di descriverne l’utilità nelle applicazioni cliniche esaminando dettagliatamente la farsa Il magnifico cornuto (1921) di Fernand Crommelynck, versione tragi-comica dell’Otello di Shakespeare. L’aneddoto è paradossale: un marito gelosissimo costringe la moglie all’infedeltà. Ma l’autore mostra che si disegnano proprio le alternative e le aporie che Lacan aveva espresso distinguendo Alienazione e Separazione.

“La borsa o la vita!”

Tra i tanti concetti che Lacan ha illustrato, (cfr. Lacan 1973: 190-195) senza però riprenderli in seguito, uno ha avuto particolarmente fortuna tra i lacaniani: il passaggio da Alienazione a Separazione. Qui egli usa strumenti logico-matematici ripresi dalla teoria degli insiemi, teoria che all’epoca (1964) andava per la maggiore nel mondo intellettuale. In particolare, fa uso dell’unione e dell’intersezione tra insiemi.
L’unione logica è quando, intersecando due insiemi, non sommiamo semplicemente gli elementi dell’uno e dell’altro, ma li uniamo. Nel grafico qui sotto abbiamo in un insieme paesi europei, nell’altro insieme paesi asiatici. Ma ci sono due paesi – Turchia e Russia – che sono sia europei che asiatici, per cui l’unione dei due insiemi fa otto (e non dieci).

L’intersezione tra insiemi significa invece che prendiamo solo due elementi – Turchia e Russia – in quanto sono i soli che cumulano, per così dire, europeità e asiaticità. È a partire da questa differenza insiemistica semplice che Lacan trae la differenza molto complessa tra alienazione (unione logica) e separazione (intersezione logica). Ma stravolgendone, appunto, il senso. Lacan ammise che la linguistica a cui lui si rifaceva era una linguisteria; potremmo dire, analogamente, che la matematica a cui si rifaceva era una matemisteria.
Al posto del mio insieme “stati europei” mette l’“essere (il soggetto)”; al posto del mio “stati asiatici” mette “il senso (l’Altro)”. Ma qui si tratta non di un un’unione bensì di una scelta, vel: “o l’Essere, o il Senso”. Ovvero, se scegliamo l’Essere perdiamo il senso: è il puro esistere insensato di un soggetto. Se scegliamo il Senso, perdiamo l’Essere: è l’Altro in quanto senso ma che non esiste. Sorprende che egli definisca come “non senso” l’intersezione dei due insiemi, laddove, se dovessimo seguire la logica insiemistica, dovremmo dire piuttosto che si tratta di “essere e senso” insieme. Ma appunto, subito dopo aver messo in relazione questo suo schema con le operazioni logiche, Lacan le trasgredisce. È come se, nel nostro esempio espositivo, gli stati europei escludessero i due stati che sono anche asiatici (Russia e Turchia). Nei termini di Lacan, è come se l’Europa alienasse da sé quei due paesi (il che fra l’altro, guarda caso, è proprio quel che avviene oggi tra Europa, Russia e Turchia). L’alienazione quindi è proprio lo scacco dell’unione logica: se scelgo l’Essere, mi trovo con una parte di me senza Senso (sogni, sintomi, atti mancati…). Ma se scelgo il Senso, perdo anche il mio Essere, e quindi, per ciò stesso, il Senso stesso. Siamo in una dialettica vertiginosa ben lontana dalla logica matematica.

E in effetti Lacan illustra il vel alienante con un esempio ancora più stupefacente: con l’alternativa “la borsa o la vita” che il ladro impone alla sua vittima.


Si tratta, come si capisce, di una scelta obbligata: perché se scelgo la vita, la vivrò priva della borsa; e se scelgo la borsa, perderò entrambe. C’è un fattore letale – dice Lacan – che rende la scelta una non-scelta insomma. E in effetti, se sostituiamo “la borsa” a “il senso” e “la vita” a “l’essere”, ci renderemo conto dell’isomorfismo: se perdo il senso per scegliere l’essere, sarò, vivrò, con una fetta insensata di vita. Ma se sceglierò il senso, mi priverò di essere e quindi anche di senso.

Insomma, Lacan fa un uso di questi strumenti logico-formali distorcendoli, volutamente, dal loro senso originario. Lacan in effetti osa adoperare queste operazioni logiche per riferirsi a qualcosa di molto diverso dal puro logos: qualcosa che chiamerei una relazione di potere. Le operazioni logico-matematiche a cui i grafi si riferiscono vengono insomma “animate” – come si animano dei cartoons – dalla dimensione tragica di un potere di vita o di morte che è al cuore del destino umano.
Il gioco lacaniano consiste nello sviare questi strumenti della logica e della matematica in modo da far emergere, attraverso di essi, l’opacità di qualcosa che chiamerei una violenza fondamentale – una sorta di ricatto – che è all’origine stessa della soggettività umana. “La borsa o la vita!”, “La libertà o la vita!”. Non si tratta di vedere insomma come “logicamente” il soggetto si strutturi in un certo modo, rispondendo magari a bisogni affettivi primari, ma come sin dall’inizio il soggetto umano si trovi in una scelta obbligata, in una alternativa solo apparentemente libera, in una libertà-capestro direi. Come insomma il percorso di separazione soggettiva sia un processo in fondo impossibile. E proprio per questo, perché impossibile, l’unica nostra, concreta, possibilità.

Il magnifico cornuto

Ma ci si chiede: questa distorsione di strumenti logici ha un vantaggio? Ci rende intellegibile qualcosa della vita degli umani? O si tratta di una mera elucubrazione senza applicazioni? Vorrei mostrare come una particolare montatura teatrale esprima di fatto proprio le alternative di cui parla Lacan. Un caso in cui l’artificio teatrale illustra qualcosa di profondo della relazione amorosa, quella che chiamerei un’antinomia di fondo che la regge, che gli esempi di “la borsa o la vita!”, “la libertà o la morte!” cercavano di rendere sensibile.
Il magnifico cornuto di Fernand Crommelynck (1921) fu una farsa di successo, in apparenza senza grandi pretese di analisi psicologica.

Stella e Bruno sono una giovane coppia sposata, ognuno ama l’altro appassionatamente. Stella, molto bella, è corteggiata invano dai maschi del paese fiammingo in cui vivono. Ma d’un tratto Bruno viene colto dall’assillo della gelosia: esige che Stella gli dica con chi lo tradisce. Bruno ha un sosia, Estrugo (fusione di étranger, straniero, e Iago?). Estrugo non dice nulla, Bruno monologando con lui costruisce le sue elucubrazioni gelose, ma alla fine si convince che Estrugo gli abbia inoculato il sospetto, che insomma sia il suo Iago.
Sin dall’inizio, la gelosia di Bruno ci lascia perplessi. Bruno accoglie entusiasticamente in casa un cugino di Stella, invitandolo a occupare per mesi la stanza accanto alla loro coniugale (per fargli sentire i rumori dei loro amplessi?), gli decanta le bellezze della moglie, quasi la denuda di fronte al cugino, e quando coglie finalmente nello sguardo dell’ospite un interesse concupiscente, lo schiaffeggia. Ma subito dopo se ne pente: lo abbraccia in una stretta quasi omosessuale e gli chiede perdono.
Più passa il tempo, più Bruno imbruttisce, la sua ossessione gelosa lo sfigura. Finché non dice: “per non dubitare più della sua fedeltà, dovrò essere certo della sua infedeltà…” (Crommelinck 1921: 91). “Oggi stesso sarò cornuto o sarò morto, le corna o la corda” (Crommelinck 1921: 92) per impiccarsi. (Notiamo l’isomorfismo con “la borsa o la vita!” lacaniana.) Costringe Stella a fare l’amore col cugino, sotto il suo tetto. Così, pensa, potrà passare dall’apprensione alla certezza. Ma questa manovra ossimorica non curerà la sua ossessione.

L’aneddoto paradossale – un marito gelosissimo che costringe la moglie all’infedeltà – svela un risvolto importante della struttura di molte gelosie. Capiamo che da qualche parte Bruno ha bisogno che un altro uomo copuli con la sua donna. Anzi, afferma apodittico che se la sua donna non lo tradirà, lui morirà! Non può sopravvivere senza corna. Perché?
Notiamo anche la figura dell’uomo-ombra Estrugo, che quasi non parla, sosia di Bruno e che sempre a lui si accompagna. In Shakespeare Iago era un altro rispetto a Otello, il suo nemico segreto; qui Iago è solo l’ombra di Otello, il suggeritore muto di cui ogni geloso ha bisogno per dare corpo e forse certezza al suo tormento. Shakespeare è reinterpretato facendo di Iago un fantasma di Otello.
La psicoanalisi sospetta quindi che, in qualche risvolto della loro mente, molti gelosi vogliano spingere l’amata nelle braccia di altri. Se a livello esplicito tu temi ingiustificatamente qualche cosa, questo può voler dire che – a un altro livello – tu desideri questa cosa. A un esame più maligno risulterà che timore e desiderio, anziché opporsi, si implicano.

Ritorniamo nel villaggio fiammingo. A Bruno non basta aver fabbricato il tradimento della moglie col cugino: impone a Stella di non rifiutarsi a nessun uomo del paese, dai quindici ai sessant’anni. Stella, che lo ama sempre, asseconda il suo volere. Lui stesso gestisce con magnificenza il via vai degli amanti che si accalcano.
Il punto è che la gelosia di Bruno non è affatto venuta meno: si è come innalzata di livello, diremmo che si è trascendentalizzata. Per lui, la totale promiscuità di Stella è “solo un gioco per confondermi le idee, una trappola che mi tende” (Crommelinck 1921: 113). In realtà:

Ciò di cui ho bisogno è conoscere, attraverso tutti quelli che verranno a corteggiarla, colui che non verrà, lui, il solo che lei vorrà sottrarre alla mia vendetta. Lei dissimula la sua malignità dietro un buon umore esagerato, giravolte, meandri, circonvoluzioni. Io fingo tanto quanto lei. Ma quello che lei predilige – … – costui no, non lo accoglierà sotto i miei occhi… Guai a chi non verrà da lei! (Crommelinck 1921: 115).

Per Bruno gli altri con cui Stella copula sono una finzione: cerca di scovare l’Altro vero, esorbitante, che lei ama. Altro definito proprio dalla sua esclusione dalla serie di tutti-gli-uomini a cui lei si dà. In effetti Stella, andando con tutti, testimonia così del suo amore per Bruno: ma è quell’Uno che si sottrae al suo amore per il marito quel che il Nostro vuol scovare.
Una sera, due uomini mascherati offrono una bellissima serenata a Stella, e lei si commuove – in uno dei due le sembra di rivedere Bruno com’era prima della sua ‘malattia’, bello e giovane. La regola per Stella è che non debba mai dire no ad alcun pretendente, ma in questo caso esita: sente che l’altro la ama veramente, e alla fine, dopo qualche ritrosia, gli si dà. In realtà si tratta proprio di Bruno, che si è camuffato.

Proprio perché Stella alla fine è andata a letto con lui, allora finalmente Bruno ha l’evidenza che lui è cornuto! La pletora di amanti non contava: conta che lei, senza riconoscere il marito, sia andata con uno che veramente amava. “Questa volta – esclama Bruno – il dubbio non è più possibile e guarirò…” (Crommelinck 1921: 148). Ma nemmeno questa prova capitale basterà.

Mentre Bruno non sa se deve punirla o perdonarla per la sua ‘infedeltà’, si fa avanti un bovaro del paese: esige da Stella che lei venga a vivere con lui in campagna tra le bestie. Stella resiste alle pretese violente dello zotico, lo schiaffeggia… La prova che Bruno cercava: l’Altro non era proprio l’unico escluso? Non è il bovaro il vero grande amore di Stella? Bruno prende il fucile per uccidere il vero rivale finalmente scoperto, ma Stella, forse per salvarlo, salta al collo del buzzurro e lo accetta. Se ne va con lui. E Bruno: “Non sono così stupido!… Un altro dei suoi trucchi! Non ci cascherò più” (Crommelinck 1921: 154). La commedia finisce qui, ma evidentemente il gioco potrebbe continuare all’infinito. Bruno potrà pensare che Stella è andata col bovaro proprio per fargli piacere, quindi, il vero Altro non è stato trovato, ecc.

“O desidero lei, o lei gode dell’Altro”

Questa pochade artificiosa sembra molto lontana dalla realtà. E invece è proprio dalla vertiginosa geometria della farsa di Crommelynck che emerge qualcosa di essenziale sull’amore, che Lacan ha cercato di illustrare ricorrendo a formulazioni a un tempo logico-matematiche e dialettiche che abbiamo visto.

Spesso l’elezione amorosa si afferma proprio attraverso l’esclusione dalla consumazione sessuale. In tanti villaggi c’è una ragazza che va con tutti, tranne che con uno, quello che veramente la ama, e che nel fondo anche lei ama. Nei casi più fortunati, sarà proprio questo unico escluso il futuro marito, per sempre… Del resto, nell’amor cortese medievale accadeva proprio questo: il poeta faceva liberamente sesso con le “pasturelle”, tutte brune, ma era impossibile farlo con “la donna mia”, sempre bionda – magari perché era già sposata, o troppo lontana, o morta. L’amata si delineava in negativo, esclusa dalla serie delle donne-schermo, come le chiamava Dante. Ma forse anche negli amori dove tenerezza e sensualità finalmente si congiungono, accade qualcosa come un’elezione dell’altro per esclusione. Perché questo farraginoso marchingegno?
Per capire l’alternativa in cui è preso Bruno bisogna considerare le figure dette multistabili. Si tratta di figure che possono avere varie ‘letture’, essere percepite come figure del tutto diverse. Come ad esempio in questa, il vaso di Rubin:

Se prendiamo la parte centrale, bianca, come la figura che si staglia su fondo nero, vedremo un vaso in stile un po’ liberty. Se invece prendiamo le due parti laterali come figure che si stagliano, vedremo due profili umani. Non possiamo cogliere le due strutture contemporaneamente: esse sono alternative, dobbiamo scegliere, o vediamo l’una o vediamo l’altra. Vel. L’essere vel il senso.
Anche i protagonisti del Magnifico cornuto saltano da una figura all’altra. Prima Bruno era fedele a Stella e Stella a lui, ovvero, entrambi escludevano tutti gli altri uomini e tutte le altre donne dalla possibilità di avere rapporti sessuali con loro – erano come il vaso bianco. Poi, d’un tratto, la figura si rovescia: Stella dovrà andare con tutti, e l’Altro sarà proprio l’unico escluso, a cominciare da Bruno stesso – diventano come i due profili neri.

Lacan direbbe che Bruno può desiderare e amare la moglie solo se assume il godimento dell’Altro (in senso sia soggettivo che oggettivo del genitivo). Gli accoppiamenti con tutti gli altri uomini non la denunciano veramente come infedele, perché gli altri non sono l’Altro. Ora, se Stella godesse veramente dell’Altro e l’Altro godesse di lei, Bruno la dovrebbe punire e ripudiare. Ma se Stella invece non gode dell’Altro, se gli resta fedele, cessa di essere desiderabile. È come chi si trovasse di fronte al ladro: “La borsa o la vita!” Analogamente, se Bruno decide che Stella è dell’Altro, perde tutto: perde Stella e il proprio desiderio. Se decide che Stella è sua, solo sua, conserverà la moglie ma perderà il suo desiderio per lei.
Secondo Lacan, questa morsa in cui Bruno è preso non è solo per un eccentrico da farsa, rivela un’alternativa in cui ogni essere umano, a suo modo, è catturato. Da una parte abbiamo la alienazione di ogni soggettività: perché io soggetto possa godere, ho bisogno che il mio amato goda dell’Altro e che questo Altro goda di lui. Ma se cerco di evacuare l’Altro, quel che mi resta è allora sia il non-desiderio che l’assenza di godimento. Come si vede in questo grafico:

La parte comune ai due insiemi – tra Soggetto desiderante e Altro godente – è lo spazio del tormento geloso, grazie a cui devo sempre supporre l’infedeltà della partner (che lei goda dell’Altro) per rifiutarla: ma così non avrò più né desiderio né godimento (cfr. Benvenuto 2011).

Vediamo qui come i due insiemi – “Soggetto desiderante” e “Altro godente” – prendano i posti, rispettivamente, dell’“essere (il soggetto)” e del “senso (l’Altro)” nel grafico originario di Lacan. L’ombra che l’Altro godente getta sul desiderio soggettivo della donna fa sì che il soggetto possa desiderarla, ma non possa goderne. La gelosia di Bruno occupa lo spazio mediano, l’alternativa per cui “o l’Altro gode di lei, o io non la desidero”. È l’alienazione perversa di Bruno. Da qui la spiaggia promessa della separazione, che resta però indecisa, imprecisa: un desiderare la donna come Altro, e un goderne soggettivo.

Il difficile capolavoro dell’amore

Per uscire da questa impasse dell’alienazione, ogni essere umano deve accedere a quella che Lacan chiama separazione. Ovvero, non vivere più nell’alternativa “o desidero lei, o lei gode dell’Altro”. Occorre prelevare quello spicchio di intersezione tra i due insiemi, accettando la dimensione sacramentale del desiderio e dell’amore.

La nostra vita sessuale ha una doppia faccia. Il coito tra un uomo e una donna può essere qualcosa di meccanico, un intersecarsi di corpi poco significativo. Si vive invece un coito commovente – che fa palpitare di passione – se il partner non è semplicemente un esemplare dell’altro sesso, ma occupa la posizione di Altro. È quel che chiamo il carattere sacramentale del coito. Dal XIII secolo in poi, per la chiesa cattolica il coito celebra il sacramento del matrimonio: se si consuma il rapporto sessuale, il sacramento si compie. Per la chiesa non si deve copulare perché si è sposati, ma si è sposati nella misura in cui si è copulato – purché la copulazione sia accompagnata dalla commozione coniugale, che impegna nell’amore. E il coito è un sacramento perché si compie di fronte a Dio, insomma, nel coito matrimoniale la coppia non è mai sola, Dio ci mette lo zampino. Nel commercio sessuale, è come se l’uomo offrisse la donna all’Altro, e la donna è come se si facesse penetrare, attraverso il suo partner, dall’Altro. Si può essere completamente atei, ma se il coito è transustanziato dalla passione, ogni partner inscrive l’unione carnale in una sorta di intersezione tra sé e l’Altro, inscrive il contatto fisico in uno spazio di senso che va oltre l’atto materiale. Così anche il miscredente evoca il coito significativo con termini ‘mistici’, parla di “estasi erotica”, di “Misteri dell’amore”, ecc.

Così il Bruno della farsa cerca di costruire questa dimensione sacramentale dell’amore, ma è impelagato nell’alternativa che Lacan chiama Alienazione, e che abbiamo graficamente illustrato. Egli non è capace di quella Separazione grazie a cui il soggetto desiderante e l’Altro godente si intersecano, tagliandosi fuori sia dal Soggetto che dall’Altro. È lo spazio di una sessualità non gelosa – quella sessualità che risulta impossibile, per esempio, a tanti personaggi della Recherche di Proust, per i quali l’amore coincide con la gelosia. Una sessualità dove desiderio e godimento si coniughino, dove ciò che desidero è il godimento dell’Altro (del partner) e ciò di cui l’Altro gode è il mio desiderio. Un’operazione chirurgica, difficile, per lo più effimera. Ma se riesce, illustra il capolavoro dell’amore.

Bibliografia

Benvenuto, S., 2011, La gelosia, Bologna, Il Mulino.
Crommelynck, F., 1921, Le cocu magnifique: farce en trois actes, Paris, Editions de la Sirène.
Lacan, J., 1973, Le Séminaire, vol. XI. Les quatre concepts fondamentaux de la psychanalyse, Paris, Seuil.